domenica 31 gennaio 2010

L'uomo che verrà

Io abito in un paese in provincia di Bologna.
Mi ci sono trasferita tre anni fa, quando mi sono sposata: ho lasciato la città per trasferirmi in collina.
Nella piazza del paese che mi ha adottata c’è un cinema; si trova, come nei film di Peppone e Don Camillo, tra la sede del Comune e la Chiesa. È uno di quei “cinemini” di una volta: piccolo, caldo, dall’ambiente familiare…però qualche anno fa è stato ristrutturato e ora offre persino il Dolby Surround (yeah), oltre a poltrone comode anche se non di dimensioni king size. In più è gestito da una cooperativa sociale che (ed è assurdo doversi stupire di ciò) fa lo scontrino anche se spendi solo un euro.
Ovviamente non propone i film in prima visione ma in seconda, quindi normalmente bisogna aspettare due o tre settimane per poter vedere un film nuovo. A noi importa poco: spendiamo cinque euro e, con un ritardo di un paio di settimane, ci vediamo i film vicino a casa nostra, senza sprecare tempo nel traffico e senza dover impazzire a trovare un parcheggio.

Da due fine settimana si sta verificando un fenomeno strano: c’è la fila per entrare nel cinema. Anzi, ad essere precisi, lo scorso fine settimana non siamo riusciti ad entrare: tutto esaurito!
La causa di ciò? Un film in prima visione: "L'uomo che verrà", con Maya Sansa e Alba Rohrwacher.


Si tratta di un film per la maggior parte girato non molto lontano da casa nostra, ovvero nella zona di Marzabotto: un paese tristemente noto per l’eccidio avvenuto nel 1944, durante il quale sono state uccise più di 770 persone, perlopiù donne, bambini e anziani.
Indubbiamente questa enorme affluenza è stata dettata dalla vicinanza geografica e morale del luogo dell’eccidio: penso che quasi tutti i bolognesi conoscano – anche se non nei dettagli – questa vicenda e credo che molti di noi abbiano visitato almeno una volta il Parco Storico di Monte Sole  dove, nell'antico cimitero, è ancora possibile vedere i buchi degli spari che erano stati rivolti alle persone inermi lì radunate e trucidate.
Io personalmente sono riuscita ad andarci solo una volta: si tratta di una zona molto interessante anche dal punto di vista naturalistico ma (anche se sicuramente la mia opinione sarà dettata dalla suggestione) secondo me “si sente la morte”. Forse questa mia espressione è un po’ troppo cruda, ma non sono mai riuscita a spiegare con altre parole ciò che provo.

Scusate questo lungo post e la mia ennesima dimostrazione di mancanza del dono della sintesi, ma quel che vi vorrei dire è semplicemente: se ne avete la possibilità, andate a vedere questo film.
Le motivazioni per farlo sono innumerevoli. Innanzitutto esso descrive con cura, precisione e delicatezza gli usi e costumi della civiltà contadina della prima metà del Novecento: davanti ai miei occhi hanno preso vita i racconti dei miei nonni ed è stato bellissimo! In secondo luogo questo film narra – con un’aderenza storica quasi totale – un evento della storia italiana, un fatto che si deve conoscere: un eccidio purtroppo come tanti altri ma che non deve essere dimenticato. Infine, L’uomo che verrà fa riflettere: sulla vita, sull’uomo, sull’amore, sulla famiglia, sulla guerra.
“Purtroppo” la prima metà del film è quasi tutta in dialetto bolognese (con sottotitoli in italiano) e ciò potrebbe non invogliare molte persone ma, credetemi, non lasciatevi scoraggiare da ciò.
È un film duro, certo, magari è più facile fare finta che non ci sia ma, fidatevi, se avete la possibilità di andarlo a vedere, non lasciatevela sfuggire.

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